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Mostre virtuali online. Linee guida per la realizzazione
Questo documento, nato dalla cooperazione tra l'Istituto centrale per il catalogo unico delle biblioteche italiane (ICCU) e l'Istituto centrale per gli archivi (ICAR), in collaborazione con l'Osservatorio tecnologico per i beni e le attività culturali (OTEBAC), intende illustrare lo stato dell'arte in tema di mostre virtuali online partendo da esperienze concrete fin qui svolte nell'ambito di vari istituti italiani e dall'osservazione e l'analisi dei prodotti presenti nel panorama internazionale.
Tale analisi ha portato a chiarire alcuni concetti che ancora non trovano in letteratura definizioni solidamente codificate e a fornire alcune raccomandazioni da tener presenti nello sviluppo e nella realizzazione di progetti.
Le linee guida, che costituiscono anche un contributo al progetto europeo INDICATE, sono frutto di una riflessione tra esperti e operatori dei diversi settori dei beni culturali che hanno condiviso le proprie esperienze in un gruppo di lavoro dedicato.
Si tratta di una pubblicazione aperta a commenti e consigli da parte di quanti sono interessati ad arricchire questo documento, grazie alle loro esperienze nel settore.
Per lasciare un commento, inviate una mail a otebac@beniculturali.it.
Chi lascia un commento è invitato anche a lasciare il proprio nome e cognome e l'istituzione di riferimento.
Versione 1.0 (settembre 2011)
Testo completo in XHTML (in preparazione)
File in PDF
- Testo completo (PDF. 3686 kb)
- Introduzione e capitolo 1 - Concetti e definizioni (PDF, 1769 kb)
- Capitolo 2 - Il processo di produzione di una mostra virtuale (PDF, 8115 kb)
- Capitolo 3 - Diciotto raccomandazioni e un consiglio (PDF, 209 kb)
- Capitolo 4 - Cassetta degli attrezzi (PDF, 8583 kb)
- Capitolo 5 - Appendici (PDF, 647 kb)
Bozze precedenti
Versione 0.9 (1 aprile 2011) (PDF, 1717 kb)
Commenti
Inviato da: maria teresa natale | 18/05/2011 09:26:16
Provo a rispondere a Simona Caraceni, che ringrazio per le stimolanti notazioni che ci ha regalato a partire dalla lettura delle linee guida sulle mostre online - In verità più che dare risposte - il nostro è ancora un terreno sperimentale tutto da verificare nei fatti - posso fare a mia volta alcune brevi considerazioni scaturite dalla sua e.mail.
innanzitutto sul tema della autorevolezza e della qualità delle MV io partirei da una premessa essenziale: il nostro lavoro è destinato sicuramente a tutti, pubblici e privati che vogliano organizzare contenuti secondo criteri espositivi e comunicativi online, ma è anche vero che il punto da cui siamo partiti, il nostro interlocutore principale, è l'istituzione che conserva e gestisce patrimoni culturali, che talvolta per ragioni diverse e complesse non arriva a mettere a disposizione di tutti e a valorizzare adeguatamente. Sarebbe difficile secondo me e addirittura sconsigliabile - sopratutto per quanto ci compete - dare una sorta di bollino di qualità - le gerarchie possono essere in molti casi arbitrarie.
Vero è è che se un istituto (pubblico o privato), come nella maggior parte dei casi che abbiamo preso in esame - è detentore dell'archivio o della biblioteca di uno scrittore, della raccolta di un collezionista, di documenti o manufatti unici o rari di cui si vuole dare conto (imput che in genere è alla base anche delle mostre reali)questo mi sembra sia già una ragione sufficiente di qualità. D'altro canto la qualità a cui tendiamo nelle linee guida riguarda sostanzialmente la fase successica alla ricerca, quella della organizzazione dei contenuti e della loro trasmissione, della cominicazione, dell'efficacia del messaggio culturale.
Trovo comunque molto interessante pensare alla scuola (perchè credo cha a questo si riferisca Simona) e agli studenti come produttori in prima persona di percorsi culturali e non solo nei termini di fruitori - e questo è un aspetto su cui si potrà continuare a lavorare così come quello della condivisione e della partecipazione secondo il modello web.2.0.
Spero che qualcun altro del gruppo voglia inserirsi nel dibattito e allargare la mia prospettiva che rischia di essere troppo pesonale
un saluto cordialissimo a tutti
Giuliana Zagra
Biblioteca nazionale centrale di Roma
Inviato da: maria teresa natale | 23/05/2011 19:50:08
Linee Guida Mostre Virtuali – Osservazioni
(prof. Francesco Tissoni – 19 maggio 2011)
p. 9: «L’architettura della mostra va progettata secondo efficaci modelli di gestione che generino percorsi virtuali diversificati e allo stesso tempo mantengano costi di produttività accettabili al fine di soddisfare le esigenze dei diversi gruppi di utenti».
Sottoporrei all’attenzione l’esperimento tentato con la collaborazione della BEIC e del Centro Apice per la realizzazione di mostre virtuali a costo zero, nell’ambito del corso di editoria multimediale. L’opzione costo zero non tiene conto della dotazione software necessaria né delle spese per l’ottimizzazione del prodotto sul mobile, su monitor di differenti risoluzioni e dimensioni e su sistemi differenti. Tali costi risultano comunque trascurabili.
p. 12: « Una mostra virtuale online è una raccolta ipermediale (vedi 1.2.3) fruibile sul web, composta da oggetti digitali (vedi 1.2.2) che sono:
• legati tra loro da un tema, un argomento interdisciplinare, un concetto, un’idea, un anniversario, un evento speciale, una persona fisica».
All’elenco aggiungerei anche un caso abbastanza frequente per le istituzioni culturali archivistico bibliotecarie, ossia un Fondo, bibliotecario o archivistico, appartenente a una istituzione o persona fisica, che si desidera far conoscere tramite il web ad un pubblico più vasto. E’ il caso, ad esempio, della Mostra Virtuale per il Fondo Pontiggia della BEIC, realizzata dal mio allievo dr. Nicola Capelli: http://www.beic.it/pontiggia/
p. 12-13: « Le biblioteche digitali possono essere considerate mostre virtuali online?». / «In sintesi, una collezione di oggetti digitali non rappresenta di per sé una mostra materiale o virtuale. Solo quando gli oggetti vengono accuratamente scelti per illustrare un tema e si legano insieme in una narrazione o in un percorso logico, questi compongono una mostra.»
Concordo con la risposta data. Una Mostra Virtuale digitale dovrebbe essere tale quando presenta una articolazione tematica ragionata che guida l’utente attraverso un percorso definito.
p. 15: «Rispetto alla mostra virtuale, dove l’utente si confronta con una generale omogeneità tra i contenuti, i percorsi tematici hanno la propria caratteristica distintiva nella scelta interpretativa che lega contenuti anche disomogenei tra loro. Di conseguenza, il lavoro del curatore di un itinerario consiste nel mettere in relazione i contenuti e nel proporre all’utente tale correlazione. Per tale ragione, i percorsi tematici hanno spesso un’applicazione didattica e vengono largamente utilizzati per fini di studio e di orientamento».
Per quanto mi riguarda, aggiungerei che la Mostra Virtuale utilizza esclusivamente o valorizza maggiormente il patrimonio documentale della Istituzione che la produce; il Percorso tematico invece è maggiormente centrato sul tema e in quanto tale può assorbire al suo interno anche materiali eterogenei rispetto a quelli posseduti dall’Istituzione.
p. 15: « Per digitalizzazione si intende il processo di trasformazione del materiale originale (analogico) in forma digitale.
Digitalizzare una fonte può avere un duplice aspetto: la riproduzione di una copia esatta dell’originale (attraverso l’uso di scanner e simili), e quindi la creazione di un file immagine oppure la creazione di un file di testo attraverso il riconoscimento ottico della fonte originaria e quindi la conversione in set di caratteri ASCII. Due approcci con finalità diverse, ma complementari e in ultima analisi convergenti.».
Per motivi di completezza inserirei qui anche un accenno alla codifica XML-TEI (per le biblioteche digitali) o XML-EAD (per gli strumenti di corredo archivistici) etc. che può costituire una forma di digitalizzazione in formato testo alternativa a quella OCR.
p. 15: «I metadati, associati a delle etichette di campo, sono informazioni sull’oggetto digitale e
comunemente vengono divisi in etc.».
L’espressione ‘etichette di campo’ può risultare incomprensibile ai non addetti ai lavori. Dato che il tono di questa parte è molto semplice e discorsivo la sostituirei con qualcosa di diverso.
p. 18: «Ipertesto, ipermedia etc.».
La prima attestazione pubblicata del termine Hypertext mi risulta sia del 1965: vd. F. Tomasi, Metodologie informatiche per le discipline umanistiche, Roma, Carocci, 2008, p. 147;
nell’editoria tradizionale esistono anche enciclopedie e vocabolari etc. che non si leggono dall’inizio alla fine;
il concetto di ipermedia è molto usato ed è perfettamente condivisibile. Eppure può creare qualche confusione, dal momento che la maggioranza assolta degli ipertesti sul web non contengono solo testo eppure si chiamano comunemente ipertesti, non ipermedia: vd. Ad esempio F. Tomasi, Metodologie informatiche per le discipline umanistiche, Roma, Carocci, 2008, p. 145
p. 25: « Ovviamente, in progetti piccoli i ruoli di più figure professionali sono rivestiti dalle stesse
persone, se non addirittura da una sola.».
Concordo.
Per quanto riguarda questa sezione, osserverei che il Team di lavoro delineato nella tabella alle pp. 25-26 è ineccepibile dal punto di vista della sua pertinenza, ma potrebbe avere un effetto psicologico scoraggiante.
Credo che nella situazione attuale nessuna delle istituzioni con le quali collaboro a livello didattico e scientifico avrebbe la possibilità di realizzare una mostra virtuale.
Ho perciò introdotto un modello alternativo, a costo zero, che qui ripropongo.
Nel caso della BEIC – Biblioteca Europea di Informazione e Cultura, del Centro Apice e del Cnetro MIC – Moda Immagine e Consumi (archivi della moda), che possono considerarsi delle realtà medio-piccole la realizzazione di mostre virtuali è stata portata avanti facendo affidamento su queste figure di riferimento: 1. Un laureando specialistico / magistrale, scelto per le sue capacità tecniche e le sue conoscenze umanistiche; 2. Un docente di editoria multimediale e o di materie informatiche umanistiche, come figura di riferimento tecnico; 3. Una figura interna (bibliotecario o archivista) che permette la fruizione dei contenuti e assiste lo studente nel processo di consultazione; 4. Un docente ‘disciplinare’, esperto dei contenuti trattati nella Mostra; 5. Una figura tecnica interna – tecnico di laboratorio informatico – che cura la pubblicazione materiale della Mostra sul web e affianca il docente [2] nei processi di validazione e della verifica dei test di accessibilità e si occupa nel medio periodo della manutenzione.
In questo scenario risulta difficile se non impossibile implementare elementi web 2.0 all’interno della Mostra: richiederebbero una vigilanza sul prodotto web che una struttura medio-piccola non è in grado di gestire, a meno che non sia affidata allo stesso studente-laureando.
p. 31: «Area dei servizi».
Così come è stata descritta, questa sezione non mi convince.
Servizi di edutainment è un doppione di giochi; mentre servizi a pagamento è diverso da e.commerce solo nel caso di un museo, ma per una biblioteca o un archivio quali servizi di e.commerco possiamo immaginare?
In particolare, ritengo che tutto questo non debba stare nella Mostra Virtuale ma nel portale dell’istituzione che ospita e pubblica la mostra stessa.
p. 32: «La tecnologia da utilizzare».
Condivido: ottimo. Aggiungerei Wordpress fra i CMS: non è specifico, ma è open source e può essere usato anche per realizzare mostre virtuali; fra le tecnologie innovative da non usare o da verificare bene metterei forse un riferimento ad HTML5, che non è ancora standard del W3C.
p. 38: « E-book: piattaforme mobile sempre più flessibili e potenti, notebook e smartbook sono strumenti più leggeri dei laptop e consentono l’accesso a internet attraverso una vasta scelta di network. Alcuni di questi strumenti, come gli e-book, vengono spesso customizzati per uno scopo specifico. Il vantaggio principale di questi dispositivi è dato dalla ampiezza della memoria e leggerezza del supporto.».
Il paragrafetto è un po’ confuso.
Inoltre, se si osservano gli eBook attualmente esistenti in commercio – la quasi totalità dei quali presenta tecnologia e.Ink – si nota che essi supportano poco la o nulla la multimedialità e che il display, solitamente in scala di grigi, è assolutamente inadatto a riproporre i contenuti di una mostra virtuale.
p. 44: «Social Media Marketing».
Condivido il contenuto, che mi pare spieghi molto bene quel che deve essere fatto per rendere visibile oggi una mostra virtuale.
Aggiungerei due cose:
1. Il termine Social Media Marketing mi pare improprio perché le istituzioni culturali cercano visibilità sui social media ma non vendono nulla. L’uso di questo termine potrebbe ingenerare qualche confusione. Lo cambierei con I Social Media come strumento di comunicazione.
2. I vertici di molte istituzioni culturali sono generalmente avverse a questo tipo di comunicazione: sarebbe interessante che una guida come la vostra indicasse i benefici di questo genere di comunicazione anziché darli per scontati.
p. 53 sgg.: La cassetta degli attrezzi
L’idea è giusta: una ‘cassetta degli attrezzi’ è necessaria. Il fatto è che, secondo me, il tono è ancora troppo teorico. Manca una sezione dedicata agli strumenti di lavoro, a cominciare da una rassegna dei CMS open source o degli editor HTML.
p. 74 sgg.: 3D
Mi pare inoltre assolutamente spropositata l’importanza data al 3D, alla fotografia immersiva e agli anaglifi. Questo genere di grafica presenta gravi svantaggi per quanto attiene all’usabilità e all’accessibilità, richiede una manutenzione attenta e costringe gli utenti all’installazione di plu-in. Inoltre mi pare che questo genere di grafica si applichi solo a mostre virtuali ‘museali’, mentre è del tutto inadatte per biblioteche digitali e archivi.
Buone Pratiche:
Qualche perplessità sulla scelta degli esempi, che in qualche caso contraddicono de facto gli assunti precedenti:
1. Tim Burton: Bello, niente da dire. Però è realizzato in Flash = accessibilità zero. Vd. http://www.useit.com/alertbox/20001029.html (J. Nielsen)
2. Passione argentina: che l’accessibilità sia poco curata lo avete notato anche voi. Forse non è così valido come esempio.
3. La légende du roi Arthur: le expositions virtuelles della BnF sono più di 80, ognuna più o meno simile alle altre, ciascuna con differenze minime e specificità proprie: perché scegliere proprio questa?
Mi permetto di segnalare altri esempi buoni e meno buoni:
Hermitage-Virtual Academy: a me non piace, però dovrebbe essere forse menzionato, per ragioni di completezza: http://www.hermitagemuseum.org/html_En/06/hm6_2.html
Il progetto American Memory della LoC è più di una mostra virtuale, ma vale forse la pena di segnalarlo anche qui: http://memory.loc.gov/ammem/index.html
Merita una segnalazione anche quanto fatto dal Castello Sforzesco di Milano: http://www.milanocastello.it/ita/visitaVirtuale.html (poco accessibile, ma interessante la sezione Tour virtuale dei musei).
Ricordo infine il lavoro pubblicato dalla BEIC e dedicato a Pontiggia del mio allievo Nicola Capelli:
http://www.beic.it/pontiggia/
Inviato da: | 23/05/2011 20:04:14
L'intervento del prof. Tissoni è pieno di spunti e di concreti contributi di cui sinceramente lo ringrazio e questo sento di poterlo fare anche a nome del gruppo.
La mia risposta invece riguarda in particolare una considerazione tra quelle avanzate dal professore, su un tema che mi sta particolarmente a cuore - gli archivi e le biblioteche degli scrittori o d'autore - di cui mi occupo sia in Biblioteca nazionale (Biblioteche Falqui - Macchia - Archivio Morante), sia in AIB (Conservare il novecento) ormai da molti anni.
scrive il prof. Tissoni:
All'elenco aggiungerei anche un caso abbastanza frequente per le istituzioni culturali archivistico bibliotecarie, ossia un Fondo, bibliotecario o archivistico, appartenente a una istituzione o persona fisica, che si desidera far conoscere tramite il web ad un pubblico più vasto. E' il caso, ad esempio, della Mostra Virtuale per il Fondo Pontiggia della BEIC, realizzata dal mio allievo dr. Nicola Capelli: http://www.beic.it/pontiggia/
Assolutamente d'accordo sullacentralità di questo genere di fondi e sul fatto che spesso siano all'origine di mostre virtuali e/o reali.
In effetti noi non abbiamo citato i fondi d'autore tra i temi possibili di una mostra virtuale ma tra gli esempi portati avanti nelle linee guida c'è quello della mostra Le stanze di Elsa - versione on line di una mostra tenuta alla nazionale di Roma sullo archivio di Elsa Morante.
Ma proprio alla luce di quella esperienza vorrei aggiungere che descrivere un archivio o una biblioteca d'autore non significa di per se fare una mostra:se non c'è narrazione, se non si espone un punto di vista,se non si traccia un percorso. Nel caso della Morante ad esempio si era scelto di raccontare come sono nati i suoi romanzi e quale era il suo metodo di scrittura.
In un certo senso vale la stessa risposta data per le biblioteche online:
p. 12-13: « Le biblioteche digitali possono essere considerate mostre virtuali online?». / «In sintesi, una collezione di oggetti digitali non rappresenta di per sé una mostra materiale o virtuale. Solo quando gli oggetti vengono accuratamente scelti per illustrare un tema e si legano insieme in una narrazione o in un percorso logico, questi compongono una mostra.»
Sulle biblioteche di grandi autori invece io sottolinerei una altra potenzialità di valorizzazione -che però non pertiene direttamente alle mostre virtuali: quella dei cataloghi speciali online - in grado di fornire agli utenti remoti una illustrazione dettagliata del fondo - con immagini digitalizzate che mostrino le dediche, i materiali inseriti tra le pagine dei volumi - le copertine delle prime edizioni,le legature ecc. e consentano ricerche mirate.
A breve dovremmo essere in grado - come Nazionale - di mettere in linea il catalogo della biblioteca di Giovanni Macchia con un lavoro di questo genere, ciò non toglie che in un secondo momento si potrà fare anche una mostra sul fondo Macchia, con un tema specifico ad esempio ad esempio Proust ....
Ringrazio ancora il prof. Tissoni per le sue acute considerazioni con l'augurio di poterci presto confrontare direttamente su questi temi appasionanti.
Un cordiale saluto
Giuliana Zagra
Biblioteca nazionale centrale di Roma
Inviato da: | 24/05/2011 08:37:28
Desidero anch'io ringraziare il Prof. Tissoni per le osservazioni veramente preziose e ben articolate. Per la parte inerente gli oggetti digitali concordo pienamente con il suggerimento di specificare meglio.
Riguardo l'espressione "etichette di campo", a p. 15, concordo nel rivedere l'espressione.
Per l'osservazione a p. 25, penserei di aggiungere a quanto da noi proposto una frase che indichi il "modello di Team ideale", ma proporrei di citare, subito di seguito, il modello alternativo a costo zero del caso BEIC che in effetti è pratico e realistico.
Adriana Martinoli
Direzione generale per le biblioteche, gli istituti culturali e il diritto d’autore
Inviato da: | 30/05/2011 15:36:41
In merito all'utilizzo dei termini IPERTESTO e IPERMEDIA, propendo per l'idea di mantenerli entrambi in quanto essi rappresentano due concetti distinti, anche se spesso sono affiancati. Potremmo specificare il significato di ipermedia inteso come messaggio comunicativo che comprende più media e/o più linguaggi. l'Ipertesto invece è un sistema di organizzazione delle informazioni (testuali e non)in una struttura reticolare ed è costituito da un insieme di unità informative, nodi, e da un insieme di collegamenti, link. "Se le informazioni che sono collegate tra loro nella rete non sono solo documenti testuali, ma in generale informazioni veicolate da media differenti (testi, immagini, suoni, video), l'ipertesto diventa multimediale e viene definito Ipermedia"(Internet 2000. Manuale per l'uso della rete. Edizioni Laterza, 2000, pag.458)
Cordiali saluti, Adriana Martinoli
Inviato da: maria teresa natale | 07/11/2011 23:10:55
Postato per conto di Anna Busa (Divisione Beni Culturali, Responsabile Marketing Beni Culturali Data Management)
Mostre virtuali vs Mostre digitali
Il termine mostre digitali, è già utilizzato da qualche tempo e si ritrova in diversi contesti . Non è, quindi, un’espressione originale. Personalmente mi sembra che l’espressione “mostre virtuali” sia da utilizzarsi prevalentemente nel caso di ricostruzioni 3D nelle quale c’è effettivamente una virtualizzazione anche dell’ambiente in cui le opere sono collocate. E’ il caso delle visite immersive che simulano il movimento della realtà (passi) e l’uso di prospettive quali la vista dell’alto (definita "volo"), caratterizzate da una modalità d’uso che proviene dall’esperienza dei video-giochi.
Nelle "mostre digitali" non siamo di fronte ad alcun tipo di ricostruzione, l’opera si approccia "singolarmente", eventualmente inserita in un "percorso" che effettua un’aggregazione logica dei materiali in base a criteri diversi: tema, autore, epoca, tecnica, …
La consultazione avviene tramite accesso a schede descrittive (nel caso di approcci divulgativi) oppure alle schede scientifiche redatte secondo gli standard ministeriali (ICCD). Il vantaggio di questa tipologia di "mostra" è la semplicità d’uso e la capacità di modificare i percorsi e di crearne di nuovi sfruttando le strutture software adeguate che sono alla base della realizzazione delle schede.
Il vero valore aggiunto sta, naturalmente, nella capacità dell’infrastruttura software utilizzata che deve rendere possibili infiniti percorsi, il loro aggiornamento dinamico, la loro proposizione in modo chiaro e diretto, la messa on line della Catalogazione scientifica e la creazione di un suggestivo apparato di comunicazione attraverso la messa in evidenza di inediti legami interni fra i materiali che costituiscono il patrimonio e di collegamenti con altre piattaforme nazionali o internazionali (CulturaItalia, Michael, Europeana, MuseiD-Italia...).
Inviato da: | 08/11/2011 12:40:04
Un gran lavoro. COmplimenti!
Inviato da: | 15/05/2011 15:55:18
Ho letto con grandissimo interesse il documento. Si tratta di una impareggiabile guida per la realizzazione della mostra via web, e l'unica "critica" (se mai ne dovessi fare una) che mi viene in mente è la seguente, se volete riconducibile alla prima delle 18 raccomandazioni.
Lavoro da anni con i giovani e giovanissimi, ho constatato che per quanto abbiano una grandissima frequentazione della Rete, non hanno minimamente idea di quelli che siano i siti "autorevoli", ed i siti web amatoriali o non autorevoli (e tante volte ci cascano anche i più grandicelli, con questi fenomeni che constato ogni giorno di "propagazione degli errori" a macchia d'olio). Sto pensando alle mostre virtuali presenti su "Internet Culturale", ed a quelle su Carducci,
A me piacerebbe poter pensare che una mostra virtuale sia anche un "luogo virtuale" in Rete dove sia immediatamente riconoscibile il fatto che è autorevole, autorizzata, che le informazioni su quel percorso letterario o artistico sono differenti anche da una pagina di Wikipedia, dove saprete bene che lo sport nazionale dei giovani è anche diventato "mettiamo info false su wikipedia, o insulti e oscenità), o da un ottimo sito amatoriale, dove però le immagini sono state rubate senza diritti, per cui non sono in grado assolutamente di orientarsi fra i vari materiali che trovano in Rete per un approfondimento, compito o tesina. Una specie di "bollino di qualità" per le mostre virtuali realizzate secondo tutti gli ottimi criteri illustrati dalla guida. Non basta pensare che sia su InternetCulturale o nel sito del museo per fare la differenza. Ci vuole qualcosa di riconoscibile al suo interno (la qualità del sito? Dei disclamer? Bisognerebbe pensarci col gruppo di lavoro)
Con questo non voglio dire che tutto quello che si trova in Rete al di fuori del nostro ambito è insulso, anzi, esistono ottimi prodotti: vorrei solo iniziare un processo che inneschi nei giovani una consapevolezza maggiore sulla risorsa virtuale, e sulle istituzioni culturali
E se poi la vogliamo fare "social", la questione potrebbe diventare che se una mostra virtuale o un buon percorso ipertestuale (fatto dalle scuole, o da qualche appassionato) riuscisse a soddisfare gli stessi criteri di qualità delle "nostre" mostre virtuali, quel percorso potrebbe ricevere anch'esso un ipotetico bollino di qualità che bisognerebbe inventarsi per le "nostre" mostre virtuali, cercando di creare un percorso che porti anche giovani e giovanissimi a interrogarsi sulla questione. E questo potrebbe diventare un tema per il prossimo Anno Scolastico, per promuovere le mostre virtuali (nostre) e la crescita della consapevolezza culturale nel nostro Paese.
Avrei poi una raccomandazione: voi scrivete della promozione attraverso i social network e questo va molto bene. A me piacerebbe vedere meglio anche un capitolo dove si spiega come utilizzare lo spirito del web 2.0 quando si crea una mostra virtuale. Mi spiego meglio: non possiamo più prescindere dalla grande rivoluzione in atto dal 2006 con la nascita del termine web 2.0, il crowdsourcing, e non possiamo prescindere dal fatto che l'apporto dei naviganti è importante, e che oggi il web è efficace se si presuppone la componente non più solo verticale dell'informazione (un editore, molti lettori), ma che ovunque si è un po' lettori, un po' autori, e tutti si coopera per la costruzione del significato.
Anche se come ho detto prima ci vorrebbe più autorevolezza, bisogna al contrario anche prevedere con un capitolo apposito mostreo virtuali in cui anche i visitatori contribuiscono a "fare senso", ed ad arricchire le mostre. Quindi non solo promozione sui social media, ma prevedere anche mostre virtuali che ipotizzino dinamiche web 2.0, perché secondo me nei prossimi anni si arriverà presto anche da noi a questo.
Se volete degli esempi, penso al Brooklyn Museum, dove si lasciano liberi i naviganti ad inserire dei tag alle opere delle collezioni sul web, ed ai blog con gli autori e curatori che il Brooklyn Museum promuove, e la mostra temporanea "the black list" sempre al BM http://www.brooklynmuseum.org/exhibitions/black_list_project/community_voices.php qui la mostra è fatta anche dalle voci dei visitatori
Reputo comunque che le vostre linee guida siano un ottimo lavoro, complimenti a tutto il gruppo!!!!
Simona Caraceni